Lo stile Intel – Solo i paranoici sopravvivono?

 In Bridgemaker

Intel è un’azienda che noi tutti conosciamo perché entra quotidianamente nelle nostre vite (a proposito, INTEL sta per Integrated Electronics Corp.) ma pochi probabilmente sanno da chi fu creata. Non lo faccio per una motivazione storica fine a se stessa ma perché spesso per capire lo spirito delle aziende occorre capire gli uomini che lavorano nelle aziende, proprio perché le aziende sono fatte da persone.

Intel fu creata da tre personaggi chiave, molto diversi gli uni da gli altri. Ma fu proprio questo il segreto, la complementarietà. Robert Noyce, che crebbe in una serie di minuscoli paesi di campagna dell’Iowa, veniva da una famiglia di congregazionalisti. Da studente Noyce era appassionato di madrigali (i madrigali non hanno bisogno di voci principali e solisti, sono composizioni polifoniche che intrecciano insieme voci e melodie diverse, nessuna delle quali è dominante). Questo fa capire il perché del suo stile di management, che era non autoritario, avverso agli scontri e disinteressato agli orpelli del potere. Così come era Gordon Moore (si, proprio quella della omonima legge). I due si compensavano bene. Noyce sapeva ipnotizzare i clienti con l’effetto alone che lo caratterizzava da quand’era bambino, mentre al posato e pensieroso Moore piaceva stare in laboratorio; Noyce eccelleva nella strategia e nella visione d’insieme; Moore capiva i dettagli, soprattutto tecnologici e ingegneristici.

In quanto scarsamente interessati al potere, i due però peccavano di un ingrediente fondamentale: la risolutezza. A causa del loro desiderio di risultare graditi, erano riluttanti ad essere duri. Guidavano le persone, ma non le trascinavano. Se c’era un problema o un dissidio interno, non amavano affrontarlo, anzi, non lo facevano proprio.

Ma a questo punto entra in gioco il terzo personaggio chiave di Intel: Andrew (Andy) Grove. Andràs Gròf era ebreo, era nato a Budapest e non veniva da una famiglia di congregazionalisti né era amante dei madrigali. Trascorse gli anni della giovinezza nell’Europa Centrale in pieno regime fascista. Quando aveva otto anni suo padre fu portato in un campo di concentramento e lui e la madre confinati in un minuscolo alloggio per ebrei. Fuggito in America, imparò l’inglese da autodidatta, si laureò con il massimo dei voti al City College di New York e poi conseguì il dottorato in ingegneria chimica a Berkeley. Moore se lo portò in Intel direttamente dalla Fairchild.

Diciamo subito che il mantra di Grove era: “Il successo genera l’autocompiacimento. L’autocompiacimento genera il fallimento. Solo i paranoici sopravvivono”.

Grove trovava gli stili di management di Noyce e Moore totalmente inadeguati a guidare un’azienda. Lui aveva uno stile diametralmente opposto. Era autoritario e amava lo scontro, se onesto. Ciò che Grove non colse subito ma che capì in seguito è che per avere un management efficace non sempre occorre avere un leader forte, ma può bastare anche la giusta combinazione di talenti diversi al vertice. Come in una lega metallica, se si trova il giusto mix di elementi, il risultato può essere potente.

E da questo mix di personalità diverse ma complementari, nacque lo Stile Intel, che condizionò l’intera Silicon Valley e che è tutt’ora lo stile di management utilizzato nelle aziende innovative e che puntano al pieno coinvolgimento di tutte le risorse. In Intel non c’erano parcheggi riservati, tutti lavoravano in postazioni uguali, organigramma piatto. Secondo Noyce, quanto più è aperto e destrutturato l’ambiente di lavoro, tanto più in fretta le nuove idee nascono, si diffondono e vengono applicate. Anziché proporre piani agli alti dirigenti, le unità di business della Intel erano incoraggiate ad agire come se fossero piccole e agili aziende indipendenti. Le decisioni erano prese spesso con riunioni improvvisate fra i vari reparti e senza coinvolgere i piani alti.

In questo contesto apparentemente anarchico, chi imponeva la disciplina era Grove; però lo fece non cercando di imporre una disciplina gerarchica a ciò che Noyce aveva creato; piuttosto, contribuì a diffondere una cultura fatta di ambizione, concentrazione e attenzione al dettaglio. Grove dalla sua aveva il fatto di possedere un carisma da folletto e una esuberanza che era impossibile da non apprezzare. E sapeva quindi imporsi con più facilità. All’approccio egualitario di Noyce Grove affiancò un elemento di “confronto costruttivo”. Lo stesso approccio che in seguito avrebbe adottato Steve Jobs: franchezza brutale, massima concentrazione, l’eccellenza come traguardo tassativo. Comunque, malgrado le differenze di stile, Noyce, Moore e Grove avevano in comune una cosa: l’’incrollabile ambizione che alla Intel fiorissero l’innovazione, la sperimentazione e lo spirito imprenditoriale.

Ognuno può dare il senso che vuole a questa breve storia. Per me, il senso potrebbe essere che quando si cerca una nuova azienda dove lavorare, occorre cercare di capire le persone che l’hanno creata, o quelle che l’hanno governata o la governano tutt’ora.

Le aziende di soli Groove, Moore o Noyce probabilmente non sono le migliori che si possono trovare. Alla fine è sempre il gioco di squadra quello vincente.

Per approfondimenti si veda “Innovatori”, di Walter Isaacson, Mondadori

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